«Some people think Robert De Niro and Al Pacino
would be a kick to watch just reading a phone book.
Well, bring on that phone book!»
— Peter Travers, “Rolling Stones”
[**1/2]
Si potrebbe cominciare col dire che questo film è la prova provata che la frase citata in apertura è falsa. Si potrebbe continuare ricordando che con due precedenti schiaccianti come “Heat” e “il Padrino — Parte II” c’è poco da star leggeri, mettendo nello stesso recinto due cedroni ruspanti come de Niro e Pacino. Poi si potrebbe accennare anche al fatto che quello di questo film è uno dei peggiori Al Pacino che ci s’è mai dati la pena di vedere (parola di un grande suo fan!). E quindi si andrebbe a chiudere dicendo che a sei minuti abbondanti dall’inizio del film si capisce abbastanza chiaramente il finale.
A titolo di puro sfregio si potrebbe anche dire che in questo film c’è una cassöla di tutti i grandi del passato dei due attori protagonisti. La resa dei conti finale è talmente ricalcata su quella di chiusura di “Heat” da far venire anche un certo imbarazzo; la regia tiene costantemente gli occhi serrati sulla dinamica di Scorsese, Coppola e Mann perdendo completamente personalità; e i personaggi non sono solo banali, ma tentano disperatamente e invano di non esserlo.
Tutto il resto è un triste guazzabuglio di aspirazioni fallite lasciate su schermo con una perenne sensazione di dilettantismo allo sbaraglio.
Non è solo che quei due ci hanno abituato bene.
È che già di regola la recitazione non è tutto; se caracolla pure quella, in un film mediocre non resta poi molto.
Uhm.
Ma secondo me tutte ste cose le potevi capire dalla locandina.
Cioè, sti due che ti sbucano dall’ombra co sto sguardo à la “mo ti faccio vedere io” non promettono nulla di troppo buono.
Eh, ma io sono uno che ci spera fino all’ultimo, e che prova a dare una possibilità anche a film che partono col piede sinistro.
Alcune volte sono riuscito ad averne ragione, ma spesso incappo in queste bischerate che lasciano doppiamente delusi.